Salve lettori, rieccomi con una nuova interessante intervista per voi. Pochi giorni fa ho postato la recensione del bel romanzo La mia amica ebrea di Rebecca Domino, oggi vi lascio la mia intervista all'autrice.
Per saperne di più su Rebecca Domino, visitate il suo sito personale: http://rebeccadomino.blogspot.it/.
Vi ricordo inoltre che è possibile acquistare l'ebook QUI.
Buona lettura.
Ciao Rebecca, ti do il
benvenuto nel mio blog e ti ringrazio per aver accettato questa intervista. Cosa
ti ha spinto a scegliere proprio il tema dell’olocausto per il tuo libro?
Ciao Silvia, grazie
mille per ospitarmi! Non ho deciso a tavolino di scrivere un romanzo
sull’Olocausto; l’idea per “La mia amica ebrea” è nata in maniera imprevista e
improvvisa. Quello che sapevo è che non volevo scrivere un libro con degli
ebrei protagonisti, perché ce ne sono già molti e soprattutto perché ero molto
incuriosita dall’altro lato dell’Olocausto, ovvero com’era vivere e crescere
nella Germania nazista, appartenendo alla “razza ariana”. Allo stesso modo,
sono stata molto colpita dalla generosità, dall’altruismo e dalla nobiltà
d’animo dei cosiddetti “eroi silenziosi”, persone non - ebree di ogni età che,
durante il nazismo, hanno aiutato degli ebrei.
Alcuni ne hanno salvati a
decine, altri solo uno, ma penso che ogni vita sia importante e che non si
parli mai abbastanza di quegli eroi che, molto spesso, hanno pagato con la vita
il loro ribellarsi al volere di Hitler. Volevo scrivere un romanzo che
ricordasse al pubblico che non tutti i tedeschi durante il nazismo erano dei
mostri, se sicuramente c’erano delle persone che decisero di appoggiare Hitler
per scelta, ce n’erano altrettante – specialmente giovani – frutto della sua
propaganda, che non sapevano pensare in altro modo se non come veniva loro
insegnato e imposto.
Ho cercato di alzare il velo sulla vita quotidiana in una città
tedesca nel 1943, ricordando che oggigiorno sappiamo moltissime cose sia sui
campi di concentramento sia su cosa succedeva “dietro le quinte” del mondo
politico, ma allora quella era la realtà che nasceva giorno dopo giorno.
Lo scopo
del mio romanzo, oltre a quello di raccontare una delicata amicizia fra due
ragazzine apparentemente diversissime fra loro, è proprio quello di ricordare
quegli “eroi silenziosi” e di rammentare che la razza umana, nonostante sia
capace di gravi atti di violenza e barbarie, è anche capace di provare
compassione e di rischiare tutto per un suo simile, spesso anche quando due
persone non si conoscono.
Quanto è stato
difficile immedesimarsi in una ragazzina tedesca di quindici anni e guardare
gli ebrei e la guerra dal suo punto di vista?
Non è stato per niente
difficile. Come ripeto spesso, è stata Josepha – la protagonista – a scrivere
il romanzo. Durante la prima stesura le ho lasciato carta bianca in modo che
potesse raccontare appieno la sua storia.
Quando un’idea bussa alla mia mente
capisco subito, dai brividi che mi da’, se sarà destinata a diventare un
romanzo che vorrò pubblicare oppure no; Josepha ha bussato alla mia mente un
giorno come un altro, mentre stavo navigando su Internet alla ricerca di
tutt’altro, e l’ho assecondata perché pensavo che la sua storia fosse molto
interessante, e sicuramente lo è.
Mi sono documentata molto per scrivere “La
mia amica ebrea”, sia su com’era la vita ad Amburgo nel 1943, sia su com’era prima
dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale.
Mi sono documentata anche sulla
salita al potere di Hitler, e su com’era la vita quotidiana sia per gli
“ariani” sia per gli ebrei. Facendo tutto ciò, giorno dopo giorno ho cominciato
ad avere un quadro sempre più completo della vita a quei tempi: ho letto
numerose testimonianze di persone che hanno vissuto la Seconda Guerra Mondiale
in Germania e, nello specifico, ad Amburgo nell’estate del 1943. Ho fatto
ricerche su episodi politici o sui grandi bombardamenti, ma anche su cosa
facevano i ragazzini comuni per passare il tempo. Quando ho messo insieme tutte
queste informazioni, ho lasciato la penna a Josepha.
Mi ha sempre incuriosito
l’altro lato dell’Olocausto e, prima di cominciare le ricerche per il romanzo,
mi chiedevo spesso come fosse possibile che Hitler – per quanto fosse un ottimo
oratore e un uomo sicuro di sé – avesse raggiunto il potere, come fosse
possibile che una nazione intera avesse permesso a un solo uomo (a un uomo del
genere) di fare così tanto male, ma studiando la sua salita al potere ho
conosciuto i passaggi chiave e quando ho cominciato a scrivere il romanzo mi
sono ritrovata con una protagonista quindicenne nel 1943, ovvero nata nel 1928,
quando Hitler si stava già muovendo per ottenere il potere assoluto.
Sono
rimasta stupita dai livelli cui era la propaganda; questa era ovunque: nei
cinema, nelle scuole, sui giornali… Josepha è cresciuta circondata da persone
che appoggiavano il volere di Hitler, ha sentito sempre e solo le sue parole, che
rimbalzavano sulle bocche di tutti e a quindici anni le e’ chiaro che chi va
contro Hitler rischia molto; il suo stesso padre, tornato invalido dal fronte, è
contro Hitler, ma tiene spesso per sé quei pensieri, consapevole di cosa
succederebbe se qualcuno dovesse scoprirlo o denunciarlo, in primis Ralf, il
fratello maggiore di Josepha, un nazista convinto, orgoglioso di far parte
della Gioventù Hitleriana, che minaccia spesso di denunciare il suo stesso
padre.
E’ stato strano, all’inizio, dar voce a Josepha, perché nella parte
iniziale del romanzo le sue parole contro gli ebrei sono fredde, cattive, e
accapponano la pelle se pensiamo che sono il frutto della mente di una
ragazzina, ma più avanziamo nella storia più capiamo che in realtà sono il
frutto della propaganda, che Josepha non sa pensare con la propria testa e,
allo stesso tempo, man mano che cresce la sua amicizia con Rina (coetanea ebrea
che suo padre ha nascosto in soffitta, insieme a parte della famiglia)
scopriamo i dubbi di Josepha in merito alla questione degli ebrei e a tutto
cio’ che sente dire da anni.
La domanda che mi sono posta è: com’era vivere
nella Germania nazista, e, soprattutto, come comportarsi di fronte a degli
ebrei, a delle persone viste come il male?
Ma non erano il male, e pian piano
Josepha lo scopre. Porsi domande sulla veridicità delle parole di Hitler, però,
era molto pericoloso; andarsene in giro a difendere la sua nuova migliore
amica, Rina, o affrontare le amiche di sempre – “ariane” come lei – può portare
a conseguenze disastrose.
E allora, com’e’ possibile convivere con il senso di
colpa, sbirciare nella vita degli ebrei e continuare ad andare avanti continuando
a dimostrare il supporto per Hitler? E quanto sarei stata disposta a rischiare
per salvare una mia amica ebrea? Queste domande hanno dato il via al romanzo
poi, lo ripeto, Josepha ha fatto il resto.
Leggendo le pagine del
tuo romanzo si capisce subito che hai svolto un meticoloso lavoro di ricerca e
studio per quanto riguarda gli avvenimenti storici del periodo da te trattato. Quali
libri sull’olocausto sono stati fonte della tua ispirazione?
Sì, come ho accennato
prima ho svolto numerose ricerche prima di cominciare a scrivere il romanzo.
Penso che, quando si affronta un romanzo storico, sia necessario, per dare quel
contorno di realismo che deve spingere il lettore a sentirsi in quell’epoca, sin
dalle prime pagine. Detto questo, mi sono affidata molto ai siti Internet e a
dei volumi che ho preso in biblioteca, volumi di stampo storico.
Ammetto che
non ho trovato informazioni interessanti per il mio libro in altri romanzi
sull’Olocausto; stavo cercando testimonianze vere di persone che hanno aiutato
degli ebrei, non come Oskar Schindler (che, non dobbiamo mai dimenticarlo, ne salvò
tantissimi), ma storie vere di persone comuni, che avessero nascosto in casa,
nel negozio, ovunque, anche solo un ebreo.
Le due protagoniste del
tuo romanzo sono entrambe amanti delle Fiabe dei fratelli Grimm. Perché hai scelto
di far leggere loro proprio questo libro?
Perché è un classico
della letteratura tedesca per ragazzi. Le Fiabe dei Fratelli Grimm sono molto
famose anche ai giorni nostri, nonostante altre persone ne abbiano scritto
altre versioni e ne siano stati tratti film o cartoni animati. Volevo scegliere
un libro che non avesse niente di “pericoloso”, niente di stampo nazista, e non
è stato semplice trovarne uno; le Fiabe dei Fratelli Grimm sono state scritte
ben prima della salita al potere di Hitler e, siccome il volume rappresenta il
primo punto di contatto, di scambio, fra Josepha e Rina, volevo che fosse il più
infantile, innocente e neutro possibile.
Personalmente non
conoscevo il campo di Neuengamme. Lo hai visitato dal vivo per poterlo meglio
descrivere, o comunque hai visitato dei campi di concentramento e la stessa
Amburgo?
No, non ho visitato ne’
Amburgo ne’ dei campi di concentramento, almeno per il momento. Ammetto che,
prima di iniziare le ricerche per il romanzo, neanche io sapevo dell’esistenza
del campo di concentramento di Neuengamme, che si trova a quindici minuti di
macchina da Amburgo. Quando mi ci sono imbattuta, però, ho pensato che avrei
potuto usarlo per una scena interessante e infatti Josepha e le sue amiche si spingono
sino a Bergedorf per cercare di farsi un’idea migliore su come fossero quei
“campi” di cui si parlava tanto.
Al campo di Neuengamme vigeva la regola
dell’uccidere attraverso il duro lavoro (e, di conseguenza, attraverso la fame
e la stanchezza), ma non si parla di uccisioni di massa nel senso classico del
termine e a morire nelle camere a gas furono “solamente” dei prigionieri
politici. Allora, però, tutte queste cose non si sapevano.
Un giorno mi
piacerebbe andare a visitare un campo di concentramento e di sicuro lo farò; chissà,
magari andrò anche ad Amburgo, e certamente mi sembrerà strano camminare nelle
stesse strade di Josepha…
Pensi di scrivere in
futuro altri libri sullo stesso tema?
Non lo so. Di solito
non programmo con largo anticipo che cosa scrivere, le idee mi colpiscono
all’improvviso. Per il momento posso dirti che penso che la Seconda Guerra
Mondiale sia un terreno fertile per diversi tipi di romanzi, proprio perché
durante quegli anni sono accadute un sacco di cose, spesso molto diverse fra
loro, e in Paesi diversi. Ho già scritto un romanzo ambientato in Germania,
durante gli anni della salita al potere di Hitler.
Il mio prossimo romanzo non
ha niente a che vedere con la Seconda Guerra Mondiale o la Germania; ne
approfitto per dire che uscirà il 19 maggio e che racconta la nascita
improvvisa dell’amicizia fra Allyson, una diciassettenne scozzese come tante, e
la sua coetanea Coleen, che combatte da due anni e mezzo contro la leucemia. E’
un romanzo cui tengo molto, che mi rende molto orgogliosa e non vedo l’ora di
cominciarne la promozione.
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