Salve lettori, ho intervistato nuovamente per voi Rebecca Domino, l'autrice dei romanzi "La mia amica ebrea" e "Fino all'ultimo respiro", entrambi recensiti da me nel blog.
In quest'intervista si parlerà proprio dell'ultimo libro scritto da Rebecca, un libro che ha per protagonista una ragazza affetta da leucemia. Vorrei ricordare a tutti che "Fino all'ultimo respiro" è leggibile gratutitamente, basta mandare una email all'autrice e richiederlo (rebeccaromanzo@yahoo.it).
Vi lascio ora a questa interessantissima intervista e vi auguro, come sempre, buona lettura.
Ciao Rebecca, sono
molto contenta di poterti ospitare nuovamente nel mio blog. “Fino all’ultimo
respiroӏ il tuo secondo romanzo e tratta un tema molto delicato. Sei sempre
stata sensibile al problema degli adolescenti affetti da tumori o l’idea per questa
tua storia è nata casualmente?
Ciao Silvia, grazie
mille per ospitarmi di nuovo nel tuo blog, anch’io ne sono molto contenta!
“Fino all’ultimo respiro” è nato per caso. Ammetto che, prima di dedicarmi alla
stesura del romanzo, non mi capitava mai di pensare agli adolescenti con il
cancro.
A volte ho pensato al cancro in generale, ma sempre in maniera veloce e
un po’ superficiale. A volte si dice che ci sono dei libri che leggi che ti
cambiano la vita, io penso che, con “Fino all’ultimo respiro”, sia stato un
libro che ho scritto a cambiarmi la vita. Prima di ogni romanzo mi documento
sempre sul tema che tratterò quindi, in questo caso, ho letto e ascoltato
numerose testimonianze di adolescenti e giovani adulti con il cancro e sono
rimasta a bocca aperta di fronte al loro coraggio, la loro forza, il loro
altruismo e il loro amore per la vita!
Porto spesso come esempio la storia di
Stephen Sutton, diciannovenne inglese con il cancro terminale che, nonostante
questo, ha deciso di vivere la sua vita al meglio, godendosi ogni singolo
giorno, raccogliendo oltre 4 milioni di sterline in favore di Teenage Cancer
Trust e ricordando a mezzo mondo che cosa conta davvero nella vita. Stephen è
morto il 14 maggio di quest’anno, dopo aver vissuto più di quanto la maggior
parte della gente non farà mai.
Storie come questa mi
hanno spinta ad andare avanti nella stesura del romanzo e a renderlo leggibile
gratuitamente (per riceverne una copia in PDF vi basta scrivermi a:
rebeccaromanzo@yahoo.it) per spronare i miei lettori a donare quello che
possono a Teenage Cancer Trust, l’ente benefico inglese che dal 1990 si occupa
in toto degli adolescenti con il cancro (qui potete trovare maggiori
informazioni: (http://rebeccadomino.blogspot.it/p/supporta-teenage-cancer-trust.html).
Ormai so che
l’argomento dei giovani e degli adolescenti con il cancro mi è rimasto dentro,
proprio grazie alle storie di ragazzi e ragazze comuni, che però hanno una
forza e uno spirito incrollabile. Inoltre in Italia si parla pochissimo dei
giovani con il cancro, da noi non esiste un ente come Teenage Cancer Trust e,
nel mio piccolo, voglio fare il possibile per raccogliere fondi per Teenage
Cancer Trust e allo stesso tempo per diffondere le storie di questi giovani,
sperando di fare un po’ d’informazione sul cancro negli adolescenti e, allo
stesso tempo, di regalare alle persone un’iniezione di coraggio, forza e vita.
Hai svolto numerose
ricerche sulla leucemia, al fine di rendere il tuo romanzo il più realistico
possibile. Ti è anche capitato di incontrare direttamente persone affette da
questa malattia?
No, non ho mai
incontrato adolescenti malati di leucemia o di altri tipi di cancro. Vicino a
me abita una famiglia il cui bambino, qualche anno fa, ha avuto proprio la
leucemia e ora è guarito, ma si tratta appunto di un bambino.
Ho voluto
raccontare del cancro negli adolescenti proprio perché il tumore arriva nelle
vite di persone che si trovano già in una situazione transitoria dal punto di
vista della crescita fisica, psicologica ed emotiva, persone che
improvvisamente devono smettere di preoccuparsi solo dello studio o delle
uscite con gli amici, e si ritrovano a dover sospendere le proprie vite, i propri
progetti.
Come ho accennato prima, quando sto per scrivere un nuovo romanzo mi
documento il più possibile e con “Fino all’ultimo respiro” non ho fatto
eccezione.
Non c’e’ un motivo particolare per cui ho scelto la leucemia
piuttosto che un altro tipo di cancro per Coleen e, appunto, ho cercato di
rendere il tutto il più realista possibile, non solo i sintomi e i trattamenti
ma anche gli effetti collaterali della chemio e delle radiazioni, il senso di
stanchezza, le infezioni e via dicendo… naturalmente, essendo un romanzo ho
dovuto forzare alcuni passaggi ai fini della storia, ma non mi sarei mai
permessa di scrivere di un argomento del genere inventando la malattia, la cura
o le reazioni.
Quale personaggio del
tuo romanzo ti rispecchia maggiormente e a quale sei più affezionata?
Sono molto affezionata
a tutti i personaggi, anche a quelli secondari, come i genitori delle due
ragazze o Neil, il fratello di Allyson. Direi che Allyson è il personaggio che
mi rispecchia di più, nonostante caratterialmente sia molto diversa da me.
Allyson è dolce, insicura, ha paura di crescere e di non saper vivere la sua
vita al meglio. Specialmente dopo aver conosciuto Coleen, Allyson vive una
sorta di “non è giusto, lei rischia di morire e saprebbe vivere, ed io posso
vivere ma non so come farlo”.
Io non sono insicura, non lo sono mai stata, ma
dato che, per fortuna, non ho mai avuto il cancro, mi sento più vicina ad
Allyson, che si ritrova ad affrontare la malattia di Coleen. Le due ragazze non
si conoscono da tempo, Allyson non sa com’era Coleen prima della malattia e,
tramite Allyson, ho dato voce ai miei dubbi, alla mia ammirazione per i giovani
che lottano contro il cancro mantenendo la loro personalità e i loro sorrisi.
Il
mio personaggio preferito è proprio Coleen: tutti i personaggi nascono in
maniera spontanea dentro di me e Coleen non ha fatto eccezione. Si è fatta
conoscere con la sua simpatia un po’ irriverente, la sua personalità e poi io
le ho aggiunto atteggiamenti, pensieri e situazioni che ho letto o sentito
nelle testimonianze degli adolescenti con il cancro. Volevo che Coleen fosse il
quanto più realistica possibile.
Una volta mi è stato detto che Coleen è un
personaggio poco realista perché è così ottimista; io stessa sono rimasta
stupita dall’ottimismo, dalla forza, dall’altruismo e dall’amore per la vita
degli adolescenti con il cancro, le loro storie – nonostante il dolore e le
paure – sono inni alla vita, quindi, penso che Coleen si avvicini il quanto più
possibile a quei giovani.
La storia che hai
raccontato è molto forte e non può non suscitare emozioni intense in chi legge.
Da scrittrice come hai vissuto, a livello di stato d’animo, la stesura del tuo
romanzo?
Ci sono state delle
parti del romanzo molto dure da scrivere. Non voglio rivelare niente, ma la
parte finale è stata emotivamente molto toccante da scrivere. A volte, invece,
ho scritto scene allegre, normali fra Allyson e Coleen e mi capitava di
dimenticare che Coleen era malata di leucemia, poi scorrevo gli appunti e
vedevo che nella scena successiva era così debole da non alzarsi dal letto
oppure aveva un’infezione e allora ricordavo la verità e mi sentivo proprio
come Allyson, che si appiglia alla normalità, ai piccoli miglioramenti di
Coleen, per cercare d’illudersi che la sua amica sia come lei.
Sicuramente la
storia raccontata è emotivamente molto toccante e scriverla è stato bellissimo
e duro al tempo stesso; mi è piaciuto molto scrivere di alcuni dei pensieri di
Coleen, le pagine in cui le due ragazze riflettono sul senso della vita, si
chiedono cosa possa esserci dopo la morte, in cui Coleen cerca di far capire ad
Allyson che non ha paura di fronte alla possibilità di morire, perché la sua
paura più grande è non essere riuscita a vivere.
Quando scrivevo il romanzo, mi
sentivo molto dentro Allyson, sia perché è raccontato in prima persona dal suo
punto di vista, sia perché, come me, è sana e pensa di non poter comprendere
appieno Coleen. Scrivere “Fino
all’ultimo respiro” è stato sicuramente un viaggio emozionante e
interessante, uno di quei viaggi che ti cambiano la vita.
Hai pubblicato due
romanzi a poca distanza l’uno dall’altro. Quanto tempo dedichi giornalmente
alla scrittura?
Dipende. Scrivere mi
piace così tanto che è una passione cui non potrei mai rinunciare e cerco di
scrivere almeno un po’ ogni giorno, anche se non sempre posso.
Nei periodi di
promozione più intensa di solito non scrivo perché devo rispondere alle
domande, scrivere articoli ecc per il libro che sto promuovendo.
Spesso scrivo
romanzi che so già che non pubblicherò, li scrivo solo per me stessa. In
passato ho rinunciato alla scrittura per un po’ di tempo e adesso me ne sono
pentita, pertanto so che non rinuncerò più a quella che è diventata la mia
unica passione.
Come mai questa volta
hai deciso di rendere gratuita la fruibilità del tuo romanzo? Non hai mai
pensato di proporlo alle case editrici?
Prima di documentarmi
per la stesura del romanzo e di ritrovarmi a leggere e ascoltare le storie
degli adolescenti con il cancro, pensavo che avrei messo il libro in vendita su
Lulu, in ebook, come ho fatto con “La mia amica ebrea” (il mio romanzo
d’esordio).
Piu’ mi sono ritrovata coinvolta nel mondo degli adolescenti con il
cancro, più mi sono resa conto che non avrei potuto incassare neanche un centesimo
dalla vendita del libro.
Ho deciso di renderlo leggibile gratuitamente sperando
che, una volta terminata la lettura, visitato il mio sito (dove ci sono molte
informazioni riguardo all’aspetto benefico del romanzo) e letto o ascoltato
alcune delle storie dei giovani con il cancro, le persone doneranno quello che
possono, anche solo 1 Euro, a Teenage Cancer Trust.
Ci sarebbero tante cose da
dire su quest’ente benefico che dal 1990 si occupa in toto degli adolescenti e
dei giovani adulti (13-24 anni) con il cancro, brevemente vi dico che ha
ventisette reparti sparsi in tutto il Regno Unito (con altri sette in
progettazione), reparti che sono delle “case lontano da casa”, realizzate a
misura di adolescente, con infermiere specializzate, divertimenti ecc… più che
reparti d’ospedale sembrano club per incontri giovanili.
Il punto cruciale di
Teenage Cancer Trust è far si che l’adolescente con il cancro non si senta
solo, ma che si confronti e faccia amicizia sia con gli altri giovani in
reparto sia con i giovani con il cancro che può incontrare in altre occasioni,
come durante l’evento “Find your sense of tumour”, che permette a giovani che
hanno o hanno avuto un tumore di raccontarsi, confrontarsi e fare amicizia.
Teenage Cancer Trust organizza incontri gratuiti nelle scuole per informare i
giovani sul cancro, forma medici e infermiere specializzati negli adolescenti e
nei giovani adulti, offre supporto ad amici e famigliari, organizza eventi per
la raccolta fondi (spesso in grande e con il supporto di celebrità) e molto
altro… per raccontare ancora meglio la vita degli adolescenti con il cancro, ho
pensato di intervistarne alcuni e avere la loro testimonianza diretta. Una
ragazza mi ha già risposto e nei prossimi giorni pubblicherò la sua intervista
sul mio blog; scambiare qualche mail con giovani che hanno vissuto davvero con
il cancro, che sono stati curati in uno dei reparti di Teenage Cancer Trust,
leggere nelle loro parole il senso di gratitudine verso quest’ente benefico, mi
ha confermato che ho preso la decisione giusta.
No, non ho mai pensato
di proporre il romanzo alle case editrici, come non ho proposto loro “La mia
amica ebrea”, per il semplice fatto che voglio avere il pieno controllo dei
miei romanzi e della promozione. Nel caso di “Fino all’ultimo respiro”, poi, si tratta di un
argomento così delicato cui ormai mi sento molto legata, e voglio essere
autonoma in tutto e per tutto.
Stai già lavorando alla
stesura di un nuovo romanzo? Se sì, puoi anticiparci qualcosa?
In questo periodo non
ho scritto niente proprio perché mi sono dedicata anima e corpo alla promozione
di “Fino all’ultimo respiro”; adesso però ho un po’ più di tempo libero e ricomincerò
a scrivere dei romanzi solo per me, perché non ho tempo per fare ricerche
approfondite per un altro libro da pubblicare e, soprattutto, perché sono
ancora troppo legata a “Fino all’ultimo respiro”, all’argomento di cui tratta e
voglio promuoverlo il più possibile per raccontare le storie di questi
straordinari ragazzi.
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